VISIONE, MIMETISMO, SUPERFICI,
RIFLESSI E MOVIMENTO
Molto probabilmente è successo a tutti coloro che cacciano con l’arco: siete immobili, assolutamente mimetici, eppure, senza nessuna apparente ragione, l’animale improvvisamente fugge.
Perchè?
Ha sentito il vostro odore, un vostro rumore, un vostro movimento o forse ha visto la vostra sagoma?
La visione animale
Uno degli aspetti più interessanti e forse più sconosciuti della caccia con l’arco è la conoscenza del mondo esterno visto con gli occhi degli animali; sapere esattamente come essi ci vedono rappresenta un importante aspetto nelle scelte che si compiono durante l’atto venatorio.
L’occhio è un organo altamente sofisticato, strutturato in base alle specifiche esigenze di ogni singolo essere vivente.
E’ una macchina complessa che cattura la luce e invia segnali differenziati al nostro cervello il quale li traduce in altrettanti colori.
La gamma dei colori percepibili si chiama spettro e spazia dall’ultavioletto alll’infrarosso, come più sotto evidenziato nello schema; l’uomo ne percepisce la gamma all’interno dello spettro senza percepire i due estremi (infrarosso e ultravioletto).
La parte dell’occhio dei mammiferi sensibile alla luce si chiama retina; nella parete posteriore interna della retina si trovano i fotorecettori, quegli elementi che catturano le varie lunghezze d’onda della luce; e sono di due tipi: coni e bastoncelli.
I bastoncelli sono preposti alla visione notturna e permettono una visione a scala di grigi mentre i coni , che sono di tre tipi, ciascuno per una determinata lunghezza d’onda della luce, permettono una visione diurna a colori; un tipo di cono risponde alla luce nella parte rossa dello spettro luminoso, uno alla parte blu e uno alla parte verde.
Il meccanismo visivo è abbastanza semplice. Quando la luce entrando nell’occhio colpisce i coni sensibili alla luce rossa, questi mandano un impulso al cervello che riconosce la luce come rossa; lo stesso principio è applicabile agli altri due tipi di coni mentre per i fasci luminosi intermedi si crea un impulso nervoso combinato da coni diversi che il cervello riconosce come una miscela di colori; se ad esempio vengono stimolati i coni preposti al rosso e al verde, il cervello interpreterà questo colore come giallo.
Tricromia e dicromia
Nell’uomo il livello visivo dato dal tipo di coni e dalla loro stimolazione consente di vedere tutti i colori dello spettro luminoso anche se esistono casi di daltonismo, l’incapacità cioè di distinguere in toto o in parte i colori.
Nel mondo animale i mammiferi hanno caratteristiche visive diverse, che si differenziano in base alla conformazione scheletrica, alle abitudini di vita e alle necessità di sopravvivenza diventando uno specifico attributo di ciascuna specie in base alle esigenze.
Gli esseri umani hanno tre tipi di coni nella retina e la loro visione è detta tricromatica con una scarsa presenza di bastoncelli che implica una scarsa visione notturna; le scimmie e i primati in genere hanno anch’essi una visione tricromatica anche se a livelli diversi rispetto a quello umano; molti altri mammiferi compresi gli ungulati hanno solo due tipi di coni, un tipo sensibile alle onde corte (luce blu/viola) e l’altro sensibile alle onde medie (luce verde/gialla) e la loro visione è detta dicromatica; la visione dicromatica non consente quindi di distinguere rosso e verde.
Per quanto riguarda invece la visione notturna, negli ungulati così come in molti altri mammiferi, la presenza di bastoncelli può arrivare fino al 90% di tutti i fotorecettori presenti il che agevola enormemente la visione notturna rispetto a quella diurna
Inoltre, molti mammiferi hanno uno strato riflettente nella parte posteriore dell’occhio chiamato “tapetum” che ha il compito di “riflettere” verso la retina una seconda, volta la luce che i fotorecettori non hanno utilizzato la prima volta .
In ultimo, studi condotti su ungulati hanno messo in evidenza che i loro occhi sono sensibili ai raggi UV in quanto privi del particolare filtro che invece risulta presente nell’occhio umano; questo filtro blocca il 99% dei raggi ultravioletti, molto meglio di un paio di occhiali da sole; l’assenza di questo filtro nei mammiferi, ungulati compresi, fa si che gli stessi abbiano la possibilità di vedere fenomeni luminosi a noi non conosciuti quale, purtroppo, la brillanza dei raggi UV emanati dai nostri abiti lavati con prodotti chimici contenenti ravvivanti dei colori.
Il grafico che segue meglio illustra la differenza tra la visione diurna (a colori) degli esseri umani e del cervo americano evidenziando il livello di sensibilità ai vari colori dello spettro si ogni singola classe di recettori. E’ importante vedere che mentre nell’uomo, come detto in precedenza la gamma di colori va dal rosso al viola, nel cervo copre una gamma diversa partendo dall’ultravioletto fino al giallo ma non solo in quanto appare evidente come il livello di sensibilità sia molto più elevato nel cervo che nell’uomo.
Nell’agosto del 1993, l’Università della Georgia (USA) condusse una serie di studi sulla visione del cervo whitetail, utilizzando attrezzature particolarmente sofisticate basate sul segnale elettrico inviato nel momento in cui la luce entra nell’occhio.
I risultati furono i seguenti:
Il cervo è privo del cono “rosso” che risulta sensibile ai colori rosso-arancione; ciò non significa che il cervo non li veda, ma li percepisce in un modo diverso.
La visione del cervo è dunque limitata al blu e al verde.
Il cervo può distinguere il blu dal rosso, ma non il verde dal rosso, o arancione dal rosso. Per un cacciatore risulta quindi assolutamente indifferente vestire verde, rosso o arancione, mentre risulterà leggermente svantaggiato se veste blu.
Il cervo non possiede il filtro UV per cui possiede una vista eccellente in presenza di UV.
Visione periferica e visione binoculare
Un altro aspetto che riguarda la capacità visiva dei mammiferi è dato dalla forma del cranio ovvero di come questa forma influenza la capacità visiva riferita alla visione periferica o la visione binoculare
.
La particolarità di questi due diversi modi di vedere sono fondamentali per la sopravvivenza di entrambe le specie raffigurate nel disegno.
Per il ghepardo la parte scura rappresenta la visione binoculare, quella cioè che gli consente di interpretare la profondità (distanza) dell’oggetto (preda) che sta guardando ed adeguare il proprio attacco in base a tale distanza.
Per la zebra la parte chiara rappresenta la visione periferica che le consente di vedere in modo ampio tutto ciò che le sta di fianco compreso predatori e vie di fuga.
La natura, da sempre regolatrice degli equilibri naturali, ha dotato tutti gli animali degli strumenti per poter sopravvivere nella giornaliera lotta per la vita.
Vediamo ora come queste informazioni possano essere applicate nella caccia con l’arco.
Quali sono innanzitutto gli aspetti che più interessano la vista di ciascun essere vivente, o per meglio dire quei fattori che sono in gradi di attirare l’attenzione?
Sono i colori e l’abilità di confondersi con essi, le superfici, i riflessi e il movimento.
I COLORI E IL MIMETISMO
Nel capitolo precedente abbiamo cercato di capire quali siano le varie differenze nel modo di vedere da parte dei mammiferi in genere. Ma c’è un altro aspetto particolarmente importante e che non va assolutamente sottovalutato: l’abilità di qualsiasi animale di riconoscer la figura umana.
L’uomo per sua fortuna (o sfortuna?) è l’unico mammifero a camminare in posizione eretta e offre una sagoma perfettamente riconoscibile a decine di metri di distanza; per contrastare questa capacità ricorriamo al mimetismo; quell’aspetto particolare della caccia con il quale cerchiamo di contrastare questa abilità degli animali a “vederci”.
Il modo più naturale di “essere mimetici” è quello di usare i materiali che compongono l’ambiente che ci circonda quali rami, foglie, fango, erba ma questo tipo di mimetismo, assolutamente efficace, rappresenta un mimetismo statico, più adatto a nascondere e che non permette mobilità, dote assolutamente indispensabile.
L’abbigliamento ci viene in aiuto nel difficile compito di fondere in un tutt’uno l’uomo con la natura che lo circonda.
Partendo dal classico woodland nato per esigenze militari, via via fino ai giorni nostri, i produttori offrono a getto continuo nuovi prodotti; le fonti da cui attingere nuove idee non mancano e così abbiamo una infinità di “pattern” o “stili camo” uno per ogni ambiente in cui dovrà essere usato.
E’ evidente che non è pensabile avere un tipo di abbigliamento per ogni ambiente in cui si prevede di cacciare, per cui avendo a disposizione pochi capi fra cui scegliere, si incorre nel grossolano, ma involontario, errore di usare un certo tipo di abbigliamento in un ambiente completamente diverso.
D’altronde il concetto è semplice: dobbiamo spezzare la nostra silohuette con un mimetismo che ci faccia confondere con ciò che ci sta alle spalle; in questo caso, un mimetismo composto da ampi spazi di colori neutrali intervallati da linee scure, funziona in modo eccellente.
Ma perché ciò funzioni dobbiamo seguire alcune regole:
1) è assolutamente necessario che il mimetismo scelto sia identico a ciò che sta alle nostre spalle
2) di conseguenza se scegliamo il metodo della cerca (o stalking) ci si muova in modo analogo, cercando cioè coperture identiche.
3) Il mimetismo diventa decisamente più efficace quando ci si trova in spazi ombreggiati per cui in caso di caccia alla cerca, muoviamoci sfruttando sempre le zone maggiormente in ombra e ricordando sempre che una figura illuminata risalta in modo esagerato.
4) se il mimetismo usato è troppo scuro, perde di efficacia mettendo così in risalto la forma umana e anche se guardando da vicino il mimetismo sembra efficace è facile verificare che, allontanandosi, i colori si amalgamano fra di loro formando un'unica sagoma scura molto ben definita e altrettanto visibile.
SUPERFICI E RIFLESSI
Sono due aspetti collegati l’uno all’altro.
La luce che colpendo una superficie crea un riflesso può costituire un vero e proprio problema; è vero che non è mai stato provato che gli animali associno il luccichio alla presenza umana, anche perché il bosco, soprattutto in presenza di acqua può essere pieno di luccichii, ma è altrettanto vero che tutto ciò può, in ogni caso, allertare l’animale.
Gli oggetti che possono creare riflessi indesiderati sono occhiali, orologi, binocoli e rangefinder così come le punte da caccia, fibbie, moschettoni e altro e tutto ciò costituisce un vero problema e un segnale di allarme se pratichiamo la caccia da terra.
Per ovviare a ciò dovremo in primo luogo occorrerà evitare i posti esposti al sole favorendo la ricerca dell’ombra e in ogni caso porre in essere i seguenti accorgimenti:
Per gli occhiali occorrerà usare, qualora sia possibile, delle lenti a contatto e qualora ci fossero problemi per il loro uso, una maschera che copra completamente il viso o in alternativa un cappello a tesa larga che copra completamente con la sua ombra gli occhi.
Per i rangefinder e i binocoli si potrebbe usare la tecnica usata in guerra per coprire i fari dei mezzi militari; cioè applicando una copertura adesiva rimovibile che lasci libera una striscia utile per la visione (pratica facile a dirsi ma difficile da realizzare per il timore di danneggiare il rivestimento delle lenti).
Anche le parti del nostro corpo che restano scoperte sono superfici riflettenti in quanto restituiscono il chiarore della pelle; è opportuno provvedere alla copertura di queste parti, solitamente viso e mani con maschere a rete che lascino scoperti gli occhi e guanti, questi ultimi utili per coprire l’orologio.
Maschere e guanti assolvono inoltre alla funzione di proteggerci dalle punture di svariati insetti che in determinano periodi riempiono il bosco.
Indossare la maschera, per chi non ha l’abitudine di tirare con essa , può significare la perdita di contatto con quella parte del viso che fa da riferimento all’ancoraggio, compromettendo così la regolarità del tiro.
Una valida alternativa per coloro che non gradiscono la maschera per questo o quel motivo, è l’uso di colori per mascherare il pallore del viso.
Anche l’attrezzatura può procurare dei riflessi indesiderati, per cui occorrerà verificare attentamente quale parte di essa può creare tali problemi e correre ai ripari coprendo la parte “incriminata” con del materiale adeguato non riflettente.
Da ultimo, l’impennaggio può essere particolarmente “brillante” e come tale attirare l’attenzione, per cui usare impennaggi con colori molto neutri e se proprio non riusciamo a farne a meno, coprire l’impennaggio con materiale mimetico.
IL MOVIMENTO
Il movimento è un aspetto fondamentale nella caccia con l'arco e riuscire a mantenere il controllo del proprio corpo durante l'azione di caccia costituisce l’aspetto più importante nella caccia con l’arco.
Tutto quanto detto in precedenza non ha alcun valore se questo aspetto non viene curato in modo quasi maniacale.
Nel movimento esistono due fasi ben distinte, fasi in cui corriamo il rischio di "essere visti":
il movimento in avvicinamento e il movimento nell'azione preparatoria al tiro.
Se come detto il movimento assume un valore importantissimo per la caccia con l’arco in generale, nella tecnica di caccia dello stalking,a differenza di coloro che usano il treestand, il controllo del movimento in avvicinamento rappresenta il fondamento di tale tecnica senza l’osservanza del quale la caccia diventa una mera perdita di tempo.
Con ciò non si vuole sminuire l'importanza del movimento per chi sceglie la caccia dal treestand , però, dove veramente l’arte del sapersi muovere esprime il valore del cacciatore e la sua capacità di saper sfruttare le tecniche del movimento “senza muoversi” la si ha nella caccia alla cerca o “stalking”.
Si dice che nello stalking si deve osservare per il 90% del tempo e camminare per il 10%; e prima di cominciare a muoversi per raggiungere un determinato punto, guardare attentamente con il binocolo tutto ciò che ci circonda.
Muoversi lentamente e silenziosamente da un punto all’altro, sfruttando le ombreggiature naturali del bosco, identificando attentamente il punto che si vuole raggiungere.
Saper sfruttare i più piccoli anfratti che il bosco ci offre per ridurre al minimo la nostra presenza nell’ambiente.
E’ sicuramente la caccia più pregnante, quella che ci fa sentire realmente predatori, ma sicuramente la più complessa.
Altrettanto importante è il movimento che dobbiamo necessariamente compiere nell'azione preparatoria al tiro; sarà decisamente più veloce nell'uso di un arco tradizionale e sarà più complessa quindi più lunga per chi usa un arco compound.
In ogni caso occorrerà pazientare sapendo sfruttare quei particolari momenti in cui gli animali stanno guardando in un'altra direzione, stanno mangiando oppure sono coperti da tronchi di alberi, arbusti o altro.
Visione, mimetismo, superfici e riflessi, movimento.
Quattro elementi assolutamente importanti nella caccia con l’arco.
Quattro elementi da curare nei minimi particolari per una caccia di risultato.
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