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Trichinelle e cinghiali
(si ringrazia l'autrice Rossella Di Palma e la
rivista
"Sentieri di Caccia" per l'autorizzazione )
Un grazie a Bosco per aver fornito
il materiale
La passione per il cinghiale non si spegne con la fine della cacciata, ma continua a tavola. Il cinghiale è un “grande” selvatico: da vivo sa adattarsi a più ambienti e soddisfare la nostra passione, e da morto non perde la sua regalità offrendoci cibi prelibati. L’abbattimento di un cinghiale porta ingenti quantitativi di carne di ottima qualità dal punto di vista nutrizionale e gastronomico. Attorno a un cinghiale si possono allestire allegri banchetti: sughi, intingoli, stufati, salumi, chi più ne ha più ne metta
di Rossella Di Palma
Il cinghiale è un selvatico molto presente sul nostro territorio e la sua facile reperibilità ha stuzzicato sempre più appassionati a dedicarsi alla sua caccia. Attorno al cinghiale si è sviluppata una folta schiera di cultori, ma l’incremento è stato talmente rapido da non lasciare spazio allo sviluppo di una cultura sanitaria sul cinghiale. Man mano che il cinghiale prosegue nel conquistare lo status di selvatico “classico” si raffinano le conoscenze su questo animale, ma tanti sono ancora i miti, i preconcetti e… le cose che non si sanno.
La caccia al cinghiale è, di per sé, un momento di confronto e di pericolo: pensate al lavoro dei cani che si trovano al cospetto di un bestione non intenzionato a farsi catturare o al tipo di armi e munizioni usate per contrastarlo, ma i pericoli legati a questo ungulato non cessano con il suo abbattimento. L’uccisione del cinghiale apre un nuovo capitolo: quello del trattamento corretto delle carni. Il maiale e il suo cugino selvatico possono essere contaminati da parassiti capaci di infestare anche l’uomo: basta poco a far chiarezza e ridurre i rischi, ed è questo lo scopo del nostro articolo.
Trichinella britovi, la trichinella italiana
L’imputata numero uno, quando di parla di suini, è la trichinella. Fino ad alcuni anni fa si parlava genericamente di trichinella, pensando che questo parassita fosse rappresentato da un’unica specie. Più tardi si è scoperto che esistono diverse specie con differente genotipo e che ciascuna di queste ha ospiti e ambienti prediletti. La specie trichinella diffusa in Italia è la Trichinella bruitovi, parassita di diversi mammiferi tra i quali l’uomo. A differenza di altre trichinelle però, T. britovi è poco “portata” ad essere patogena per l’uomo e questa è una buona notizia.
In che modo l’uomo può contrarre la trichinella? Ingerendo carni infette non opportunamente trattate. La trichinella non è un’esclusiva dei selvatici, è presente praticamente in tutti i mammiferi (alcune specie infestano occasionalmente anche gli uccelli): a fare la differenza, nel caso della selvaggina cacciata in territorio libero, è il rischio che vengano meno i controlli veterinari sulla carcassa.
T. britovi è presente negli animali in due forme: il parassita adulto e la larva. Il parassita adulto si trova nell’intestino tenue e ha una lunghezza che oscilla tra un mm (maschi) e tre mm (femmine). L’adulto non vive a lungo: i maschi muoiono dopo l’accoppiamento e le femmine affondano nei villi intestinali. Il pericolo è rappresentato dalle larve che nascono nell’intestino e poi migrano attraverso la circolazione. La loro estinazione finale sono i muscoli scheletrici. Nel muscolo la larva si annida creando intorno a sé una struttura che la protegge: occorrono circa sette settimane alle larve per completare il processo; a quel punto esse possono rimanere dormientinella muscolatura per anni, pronte ad infestare l’ospite successivo. La larva riprende il ciclo quando un altro animale ingerisce il muscolo che la contiene: nell’intestino del nuovo animale la larva si libera, riprende il ciclo e si sviluppa. L’animale può infestarsi predando un altro animale e mangiandolo, nutrendosi di carogne o, più sporadicamente, attraverso l’ingestione di larve nelle feci. L’uomo si infesta nutrendosi di carne infetta.
Diagnosi della trichinella
Come è possibile capire se un cinghiale ha la trichinella? Ad occhio nudo è impossibile: questo parassita, nella maggiori parte dei casi, non dà sintomi nonostante l’animale porti con sé alcune larve nella muscolatura. Come dicevamo è difficile imbattersi in adulti nell’intestino perché la durata media della loro vita è molto breve; allora… perché non ricercare le larve nella muscolatura? Questa è la mossa giusta, il metodo usato ufficialmente per la ricerca della trichinella nel suino e in altri animali. La cosa è purtroppo impraticabile dal cacciatore: le larve non sono visibili ad occhio nudo e per la ricerca delle larve sono indispensabili un microscopio, altra strumentazione oppure dei test sierologici. La prassi è quella di far analizzare una parte di cinghiale in centri specializzati. Nel dicembre 2005 la CEE ha emanato il regolamento 2075 che definisce norme e metodi dei controlli ufficiali per la ricerca della trichinella. Il regolamento è visionabile per intero (23 pagine) a questo indirizzo internet
http://europa.eu.int/eur-lex/lex/LexUriServ/site/it/oj/2005/l_338/l_33820051222it00600082.pdf
I controlli sanitari sono il metodo migliore per scongiurare il rischio trichinella, ma può capitare che se il selvatico è destinato ad “uso personale” vengano saltati. In questo caso è possibile mangiare cinghiale sentendosi sicuri? Sì, trattando opportunamente le sue carni.
Epidemiologia della trichinella in Italia
Prima di entrare nei dettagli è d’obbligo una digressione sull’epidemiologia della trichinella in Italia. Innanzitutto possiamo parlare di due cicli, un ciclo urbano e uno silvestre. Nel primo caso, a entrare nel ciclo sono gli animali domestici in senso stretto, quelli che sono allevati o importati per la macellazione e che vengono sottoposti a controlli di routine. Per quanto riguarda i suini, l’Ordinanza Ministeriale 30.10.1958 impone l’esame trichinoscopico di tutti gli esemplari macellati in Italia. Nel ciclo urbano rientrano anche gli animali allevati e macellati in maniera familiare che spesso sfuggono ai controlli ufficiali, nonostante la circolare n°79 del 1968 imponga l’obbligo di controlli anche sui suini macellati ad uso privato. Il secondo ciclo è quello silvestre, in cui il parassita infesta animali selvatici, meno controllabili dal punto di vista sanitario (vi è obbligo di controlli sui cinghiali allevati).
Si è sempre pensato al maiale come protagonista del ciclo domestico, invece, con non poca sorpresa, i casi riscontrati negli ultimi anni ci dicono che in Italia il maiale è una carne sicura, a presentare problemi è il cavallo! Molti cavalli da carne che arrivano sulle nostre tavole provengono dai Paesi dell’Est, dove i controlli sanitari sono meno rigidi. Anche i dati relativi al ciclo silvestre scagionano in parte i suini: è vero, i cinghiali possono avere e trasmettere la trichinella, ma l’animale più infestato è la volpe! Un’altra sorpresa, non c’è che dire. Non conosco nessuno che mangi le volpi, ma so che alcuni ricettari di cucina venatoria spiegano come cucinarle per cui, se decidete di mangiare una volpe…, cucinatela bene prima! Attualmente la volpe è ritenuta il principale serbatoio di trichinella nel ciclo silvestre. La prevalenza varia dal 4% al 30% di positività e risultano positive solo le volpi che vivono ad almeno 500 metri di altitudine. Inoltre il numero di larve per grammo di muscolo nelle volpi raggiunge cifre esorbitanti: si va da una media di 2,8 larve/grammo a un massimo 1.560 larve/grammo nei soggetti con rogna; in un cinghiale colpito gravemente si trovano circa 120 larve/grammo. Anche il lupo è un potenziale serbatoio di trichinella (la prevalenza è di circa il 22%), ma lo scarso numero di esemplari ne limita il ruolo. Va ricordato, come detto poco sopra, che il numero di larve è particolarmente elevato nei soggetti malati o feriti, che si presentano indeboliti nei confronti del parassita. Allo stesso tempo, questi soggetti sono i più facili da predare e quelli che con più probabilità vengono rinvenuti cadavere: le loro carni hanno elevata probabilità di essere ingerite da animali predatori o spazzini, e l’elevato numero di larve nella loro muscolatura agevola la diffusione della parassitosi.
Il passaggio dall’animale all’uomo
I casi di persone infestate dalla trichinella hanno un denominatore comune: questi individui hanno ingerito carni che non sono state trattate opportunamente. Scrivo trattate anziché cotte perché la cottura non è l’unico nemico del parassita. Per proteggerci dal rischio trichinella possiamo cuocere la carne o congelarla. Se pensiamo al cinghiale, tante preparazioni richiedono una cottura prolungata che ci mette indirettamente al riparo dai rischi: sono sufficienti pochi minuti a 70° per uccidere il parassita. La seconda possibilità è congelare la carne a temperature molto basse per alcune settimane. E’ bene ricordare che non tutti i congelatori domestici raggiungono le temperature adeguate. Cottura e congelamento rappresentano una grande risorsa, ma da soli non ci mettono al riparo dal rischio trichinella. Abbiamo dimenticato qualcosa: gli insaccati! I processi che portano alla preparazione di salami e prosciutti non sono sufficienti per inattivare il parassita. A conferma di ciò, gli ultimi casi di trichinella umana in Italia (Sardegna, 2006) sono stati provocati da un maiale insaccato “in casa” senza i dovuti controlli.
Se cacciate il cinghiale (o altri mammiferi) con l’intenzione di fare degli insaccati, la scelta più saggia è quella di far analizzare le carni presso un laboratorio specializzato prima di procedere alla lavorazione. Bastano pochi grammi di carne prelevati dalle zone di elezione del parassita, ovvero pilastri del diaframma, muscoli della lingua, masseteri, muscoli laringei, muscoli del globo oculare.
E’ importante tutelarsi nei confronti della trichinella perché, sebbene negli animali questo parassita sia generalmente asintomatco, può provocare all’uomo gravi problemi. I primi sintomi possono manifestarsi a livello intestinale con diarrea, dolori addominali e vomito. Dopo circa una settimana, quando le larve sono migrate alla muscolatura, abbiamo sintomi legati a questa evoluzione: febbre, dolori muscolari, astenia, edema facciale e periorbitale, debolezza, fotofobia, difficoltà nella coordinazione dei movimenti, problemi cardiaci e respiratori, emorragie. L’evoluzione della malattia è condizionata dal numero dei parassiti presenti: se la carica parassitaria è bassa, la malattia avrà un decorso asintomatico o con pochi sintomi, mentre un numero elevato di parassiti darà manifestazioni cliniche imponenti. Una volta diagnosticata la trichinella nell’uomo, deve essere trattata o potrebbe avere esiti letali; è indispensabile l’utilizzo di vermifughi cui il parassita è sensibile (alcuni benzimidazolici).
Tassonomia e distribuzione della trichinella nel mondo |
Specie e anno scoperta |
Genotipo |
Ospite |
Distribuzione |
T. spiralis (1835) |
T1 |
Mammiferi |
Cosmopolita |
T. nativa (1972) |
T2 |
Mammiferi |
Regioni artiche e subartiche di America, Europa e Asia |
|
T6 |
Mammiferi |
Regioni artiche e subartiche di America |
T. britovi (1992) |
T3 |
Mammiferi |
Zone temperate di Europa, Asia, Africa(nord e ovest) |
|
T8 |
Mammiferi |
Sud Africa e Namibia |
T.pseudospiralis (1972) |
T4 |
Mammiferi e uccelli |
Cosmopolita |
T. murrelli |
T5 |
Mammiferi |
Zone temperate del nord America |
|
T9 |
Mammiferi |
Giappone |
T. nelsoni (1972) |
T7 |
Mammiferi |
Africa (sud e est) |
T. papuae |
T10 |
Mammiferi e rettili |
Papua Nuova Guinea |
T. zimbabwensis |
T11 |
|
Africa sub sahariana |
Fonte: Istituto Superiore della Sanità |
Casi di contagio umano da trichinella in Italia |
Anno |
Zona |
N°Casi |
Animale |
Agente eziologico |
1948 |
Lazio |
109 |
Maiale - allevamento familiare |
- |
1953 |
Lazio e Umbria |
9 |
Maiale alimentato con carcasse di volpi - Allevamento familiare |
- |
|
|
|
|
1958 |
Basilicata |
1 |
Maiale - Allevamento familiare |
- |
1961 |
Trentino |
9 |
Volpe |
- |
1968 |
Puglia |
9 |
Maiale macellato clandestinamente |
- |
1975 |
Emilia Romagna |
89 |
Cavallo (Jugoslavia) |
- |
1978 |
Basilicata |
6 |
Cinghiale |
- |
1980 |
Calabria |
3 |
Maiale allevato allo stato brado |
T.britovi |
1984 |
Lombardia |
13 |
Maiale - Allevamento familiare |
- |
1985 |
Puglia |
80 |
Cinghiale allevato e alimentato con carcasse di volpi |
T.britovi |
1985 |
Calabria |
2 |
Volpe |
T.britovi |
1986 |
Basilicata |
20 |
Cinghiale allevato e alimentato con carcasse di volpi |
T.britovi |
1986 |
Emilia Romagna |
300 |
Cavallo (Jugoslavia o Polonia) |
T.britovi |
1988 |
Umbria |
48 |
Cinghiale |
T.britovi |
1990 |
Piemonte |
11 |
Cinghiale importato |
T.britovi |
1990 |
Puglia |
>500 |
Cavallo (Europa Est) |
T.britovi |
1991 |
Basilicata |
6 |
Maiale |
T.britovi |
1993 |
Toscana |
4 |
Maiale |
T.britovi |
1995 |
Abruzzo |
23 |
Cinghiale |
T.britovi |
1996 |
Basilicata |
3 |
Maiale |
T.britovi |
1996 |
Abruzzo |
10 |
Cinghiale |
T.britovi |
1998 |
Emilia Romagna |
92 |
Cavallo (Polonia) |
T.britovi |
2000 |
Puglia |
36 |
Cavallo importato |
- |
2002 |
Lazio |
8 |
Maiale importato |
T.britovi |
2005 |
Sardegna |
11 |
Maiale |
- |
2005 |
Lombardia |
6 |
Cavallo importato |
T.britovi |
2006 |
Sardegna |
7 |
Maiale |
T.britovi |
Fonte: Pozio E., Istituto Superiore di Sanità e dispense di Parassitologia Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Milano |
Patogenicità e resistenza al freddo |
Specie |
Patogenicità per l’uomo |
Resistenza al freddo |
Nativa |
Elevata |
Nessuna |
Spiralis |
Elevata |
Larve resistenti al freddo |
Britovi |
Bassa |
Bassa (scarsamente infettiva per il suino) |
Pseudospiralis |
Elevata |
Nessuna (larve senza parete cistica) |
Nelsoni |
Scarsa |
Nessuna |
Murrelli |
Elevata |
Nessuna |
Papue |
Non nota |
Nessuna |
Per saperne di più
The Trichinella Page http://www.trichinella.org/ (in inglese)
International Trichinella Reference Center http://www.iss.it/site/Trichinella/index.asp?lang=1 (in italiano)
Alcune considerazioni
La trichinella non è un’esclusiva dei selvatici, è presente praticamente in tutti i mammiferi: a fare la differenza, nel caso della selvaggina cacciata in territorio libero, è il rischio che vengano meno i controlli veterinari sulla carcassa.
I controlli sanitari sono il metodo migliore per scongiurare il rischio trichinella, ma può capitare che, se il selvatico è destinato ad “uso personale”, vengano saltati. In questo caso è possibile mangiare cinghiale sentendosi sicuri? Sì, trattando opportunamente le sue carni
I processi che portano alla realizzazione di insaccati non uccidono le larve di trichinella.