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Il corretto trattamento igienico-sanitario delle carni di selvaggina
(parte seconda)

(pubblicazione edita dall’amministrazione provinciale di Belluno in collaborazione con la facoltà di Veterinaria dell’Università di Padova e con il dipartimento di prevenzione, servizi veterinari dell’ULSS n.1 di Belluno)

TRATTAMENTO DELLA CARCASSA FINO ALL' ARRIVO A CASA

Una volta dissanguata, eviscerata e raffreddata la carcassa deve essere avviata ad un punto dove possa essere sezionata o conservata in pelo per la frollatura; gli accorgimenti da osservare in questa fase sono pochi e semplici ma essenziali.

- proteggere le carni;

- continuare il processo di raffreddamento;

- arrivare a casa rapidamente.

Per protezione delle carni si intende la tutela del frutto della caccia da qualunque cosa possa danneggiarlo o deprezzarlo; nella stagione calda ad esempio le mosche possono deporre uova rapidamente sulle carni per cui l'utilizzo di una retina anti­mosche è una pratica certamente utile ed a volte indispensabile.
Dopo avere preparato l'animale (dissanguamento, eviscerazione e raffreddamento) può essere necessario affrontare un periodo di trasporto a volte lungo e poco agevole; mentre animali di piccole dimensioni possono essere facilmente trasportati nello zaino, quelli di dimensioni superiori devono per forza essere trasportati da più persone od a volte trascinati fino al mezzo in grado di trasportarli.
È ovvio che un cervo aperto dalle mandibole fino al bacino e trascinato per centinaia di metri tenderà a contaminarsi all'interno con fili d'erba ed a volte terra; tali contaminazioni sono però da considerare secondarie ai fini della conservazione delle carni, rispetto alla contaminazione da parte del contenuto intestinale, e potranno essere eliminate facilmente con un semplice lavaggio all'arrivo a casa.
La pratica in uso di non aprire il torace di una preda prima dell'arrivo a casa (l'addome viene comunque aperto per problemi di peso nel trasporto) è invece assolutamente sbagliata in quanto ostacola il raffreddamento delle carni e può favorire l'uscita di liquidi dall' esofago, liquidi in grado, per la loro componente batterica, di contaminare gravemente le carni.
Tra i due tipi di contaminazione delle carni quella da terra è di gran lunga più tollerabile ma è comunque preferibile evitarla; si potrà dotarsi di un telo plastificato da legare attorno al busto dell'animale che, in caso di terreno non eccessivamente accidentato oltre che proteggere la carcassa ne faciliterà lo scivolamento.
Per le nostre zone gli animali che danno i maggiori problemi di trasporto, per la loro taglia, sono certamente i cervi.
Non appena arrivati ad un mezzo motorizzato in grado di trasportare la carcassa è necessario ricordarsi che questo serve per trasportare la preda al più presto in un luogo idoneo a terminare il processo di raffreddamento (cella frigo o cantina fredda), e non a trasportare i cacciatori in luogo idoneo a festeggiare la cattura dimenticandosi della preda magari sotto il sole; è infatti indispensabile riuscire a mettere rapidamente le carni al riparo da possibili alterazioni.
Una volta a casa si procede ad appendere l'animale, si effettua un lavaggio energico dell' interno della carcassa con abbondante acqua per pulire la sporcizia ed il sangue che sarà colato nel trasporto, ma senza bagnare il pelo, e la si lascia appesa a sgocciolare; una volta sgocciolata ed asciugata (attenzione a non infilare acqua dove non è in grado di scolare, per esempio all'interno delle ferite) la carcassa sarà pronta per passare alla frollatura ed al conseguente sezionamento. Nella fase di scolatura ed asciugatura sarà bene tenere aperto il torace della carcassa con un apposito divaricatore (bastone di legno) al fine di favorirne l'asciugatura interna, e mantenerlo in opera anche nella cella, fino a raffreddamento avvenuto. Bisogna ricordare il ruolo della temperatura esterna nella lavorazione e conserva­zione delle carni; le temperature di conservazione delle carni sono di 3-7 gradi centigradi ma le celle delle macellerie vengono generalmente tarate a -1°c in quanto a questa temperatura la carne non congela, per cui se abbiamo temperature esterne di 18-20°c (in estate-autunno) ed una cantina fresca ad 8°c questa sarà idonea a favorire il raffreddamento ma non idonea alla conservazione della carcassa che, se conservata in quel luogo, tenderà ad imputridire rapidamente.

LA FROLLATURA DELLE CARNI

Con il termine "frollatura" si identifica quel processo fisico-chimico naturale, a cui vanno inevitabilmente incontro i muscoli scheletrici della carcassa immediatamente dopo l'abbattimento dell'animale, e che decreta la loro trasformazione in "carne". In questo processo non hanno alcun ruolo i batteri, implicati invece nella putrefazione delle carni.

La frollatura riconosce due fasi fondamentali:

- la prima detta RIGOR MORTIS o RIGIDITÀ CADAVERICA, contraddistinta da una progressiva contrattura e acidificazione muscolare;

- la seconda detta FROLLATURA VERA E PROPRIA, contrassegnata da reazioni biochimiche che operano sui vari nutrienti della carne (in particolare sulle proteine), una sorta di predigestione, rendendoli più facilmente assimilabili dal consu­matore e conferendo loro l'aroma e il gusto tipici della carne fresca.

A seguito della frollatura vera e propria, le masse muscolari della carcassa diventano tenere e pastose, acquistano un giusto grado di lucentezza, e quel che più conta diventano sapide e aromatiche.
Se in questa fase, fanno la loro comparsa gli enzimi microbici (anziché quelli propri del muscolo) liberati da batteri che, per qualche ragione, hanno colonizzato la carcassa, non si ottiene la frollatura delle carni, bensì la loro PUTREFAZIONE.

La durata del processo di frollatura varia in funzione di alcuni fattori, tra i quali, i più influenti sono:

- taglia dell'animale;

- temperatura a cui è mantenuta la carcassa o le carni che ne derivano;

- capacità intrinseca dei muscoli di potersi acidificare.

Le carcasse di animali abbattuti affaticati (per esempio nel corso di una battuta di caccia con i segugi), andranno incontro ad una cattiva frollatura e tenderanno ad essere secche, dure e scure.
In sintesi, un'appropriata acidificazione muscolare è fondamentale per ottenere carni di buona qualità, e il cacciatore, operando sulle modalità di abbattimento, e sulla gestione della carcassa, può ottenerla abbastanza facilmente
In sintesi, un'appropriata acidificazione muscolare è fondamentale per ottenere carni di buona qualità, e il cacciatore, operando sulle modalità di abbattimento, e sulla gestione della carcassa, può ottenerla abbastanza facilmente.

LO SCUOIAMENTO

La pratica dello scuoiamento consiste nell'asportare la cute, cioè la pelle, che ancora ricopre la carcassa.

I punti fondamentali da seguire sono i seguenti:

  • Effettuare la scuoiatura in ambiente idoneo, pulito e sufficientemente ampio, corredato di adeguate attrezzature per tenere l'animale sollevato da terra.
  • Utilizzare utensili idonei e puliti. Nel caso si sporchino lavarli ed asciugarli nuovamente.
  • L'operatore deve indossare abiti puliti, copricapo e guanti a perdere, fare attenzione a non starnutire sulla carcassa, se deve soffiarsi il naso togliersi prima i guanti per rimetterli successivamente.
  • Durante tutto il ciclo di lavorazione delle carni è vietato fumare.
  • Effettuare tutte le operazioni in modo che il pelo non venga mai a contatto con la carne per evitare contaminazioni.

La pelle, oltre a proteggere l'animale in vita, ne protegge le carni dopo la morte, riducendo in maniera sostanziale, soprattutto per animali di piccole dimensioni, l'eccessiva disidratazione dei muscoli durante la conservazione in cella frigorifera; per questo è preferibile che la carcassa conservi la pelle durante la frollatura.
Lo scuoiamento della carcassa può essere effettuato:

- immediatamente dopo la morte dell'animale, a carcassa ancora calda;

- dopo la frollatura in cella di refrigerazione per alcuni giorni.

Nel caso di animali appena abbattuti ci troveremo spesso ad avere il pelo ancora bagnato per il recente lavaggio seguito all' eviscerazione, per cui si dovrà fare particolare attenzione affinché i liquidi provenienti dal pelo non contaminino la superficie delle carni, e le manualità di scuoiamento non provochino degli schizzi di liquido sporco sulle parti appena scuoiate.
Nel caso di carcasse sottoposte a frollatura, e quindi ben asciutte, alla scuoiatura verrà associata una toelettatura, cioè 1'asportazione, di quelle parti muscolari ed adipose che, esposte all'aria, avranno già subito dei processi di degenerazione con formazione di muffe e patine batteri che vischiose.
La toelettatura, unita alla scuoiatura, permetterà di avere una carcassa più presentabile e sanitariamente ineccepibile.

METODICA

Le metodiche di scuoiamento degli animali variano a seconda della taglia e dell'uso delle pelli; nel nostro caso gli ungulati vengono scuoiati tutti allo stesso modo.
Si appende l'animale utilizzando dei ganci appositi (in metallo pulito e non ossidato) infilandoli tra la tibia ed il tendine di Achille di modo che il peso venga portato dall'articolazione tibiotarsica (la cosiddetta caviglia).
La carcassa deve essere sempre sollevata dal suolo di almeno 20-30 cm, per permettere alla pelle, una volta terminato lo scuoiamento, di cadere a terra e separarsi dalle carni.
Nel caso di animali di grandi dimensioni è necessario munirsi di uno sgabello per riuscire a lavorare con facilità nelle parti più alte.
Si rimuovono i piedi separando le ossa a livello delle articolazioni del piede e si continua incidendo la pelle lungo l'interno delle gambe fino agli inguini dove i tagli verranno raccordati con l'incisione longitudinale dell'addome, già eseguita in precedenza per asportare i visceri.
Nel tagliare la pelle è preferibile inserire la punta del coltello al di sotto del piano cutaneo e tagliarla dall'interno verso l'esterno; questo permetterà di tagliare meno peli e quindi avere meno peli separati dalla pelle che si attaccano alle carni.
Ogni volta che il coltello si riempie di peli è necessario pulirlo ed eventualmente lavarlo ed asciugarlo per non trasportare sporco in zone pulite; ogni perdita di tempo relativa alle pratiche igieniche verrà ricompensata con una migliore qualità delle carni ed un grande risparmio di tempo nel ripulire ogni singolo pezzo prima della preparazione alimentare.
Effettuati questi primi due tagli e considerando quello relativo all' eviscerazione del capo, avremo ora una sorta di figura a Y e potremo cominciare, prima con una gamba e poi con l'altra, ad asportare la pelle dai muscoli sotto stanti tirandola con forza e aiutandosi con il coltello nei punti dove fatica a staccarsi, stando però bene attenti a non provocare fori nella pelle ed incisioni nei muscoli sottostanti.
Dobbiamo considerare l'esterno della pelle, con il pelo, una zona fortemente conta­minata mentre l'interno, a contatto con il muscolo, una zona sterile e pertanto i due distretti non dovranno mai venire a contatto.
Lo scuoiamento di un animale sottoposto a frollatura è più difficoltoso di quello di un animale appena abbattuto, perché durante la permanenza in cella frigo la pelle ed il sottocute perdono acqua aderendo più fortemente ai piani muscolari sottostanti. Per facilitare lo scuoiamento, è in uso la pratica di insufflare aria con una pompa al di sotto della pelle che verrà così scollata ed asportata più facilmente; tale pratica è però da evitare in quanto può diffondere germi ed altre sostanze inquinanti nelle carni.
La coda viene asportata a filo (Fig. 15) delle masse carnee tra una vertebra e l'altra e si continua a strappare la pelle lungo la schiena fino ad arrivare alle spalle. Arrivati alle spalle si incide la pelle all'interno degli arti anteriori, dopo avere eliminato i piedi e la si asporta come nei posteriori.
Si continua poi nella zona del collo fino ad arrivare alla testa che, rivestendo scarso interesse culinario, viene separata dal corpo a livello dell' articolazione occipitale e lasciata attaccata alla pelle che cade a terra (Fig. 16 e 17).

 

 

 

 

 

Teste con trofei importanti (maschi di cervi o daini) devono essere preferibilmente asportate prima, in quanto risultano di grande ingombro nelle operazioni di scuoiamento e nella stessa permanenza in cella frigorifera.
Una volta scuoiata la carcassa si procederà alle operazioni di ripulitura e toelettatura. Verranno cioè eliminati quei pochi peli che saranno rimasti adesi alla carcassa, ed asportate quelle parti che si sono deteriorate (seccate od annerite) durante la frollatura. A volte, può essere necessario asportare grandi parti muscolari per eliminare cavità od ematomi dovuti al tragitto di proiettili.

SEZIONAMENTO
Subito dopo lo scuoiamento è consigliabile effettuare il sezionamento della carcassa, infatti la conservazione delle carcasse scuoiate in cella frigorifera porterebbe ad una eccessiva disidratazione delle carni.
Con l'animale ancora appeso, dopo averlo scuoiato e toelettato, si procede prima all'asportazione degli arti anteriori che, non essendo collegati da ossa alla colonna vertebrale, vengono facilmente separati dalla carcassa con il solo ausilio di un coltello; si passa poi all'asportazione delle due pareti della cassa toracica segando le coste a pochi centimetri dalla colonna vertebrale, seguendo il bordo della massa comune dei muscoli della colonna vertebrale (Fig. 19 e 20).

Si procede poi asportando il collo e la porzione toracica della schiena, separando le vertebre tra l'una e l'altra all'inizio ed alla fine del torace stesso.
La lombata viene quindi separata dalle cosce incidendo tra l'ultima e la penultima vertebra lombare (Fig.21) per non obbligarci ad una deviazione nel taglio, in quanto la linea che passa per l'articolazione lombo sacrale incontra inevitabilmente le ossa del bacino.
Le due cosce infine, vengono separate tra loro sezionando l'osso sacro longitudinalmente, con la sega o con un robusto coltello.
Dalla carcassa iniziale ci troviamo ora con le seguenti parti (Fig. 22):

 

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N° 3 SEZIONI DI COLONNA VERTEBRALE:

- COLLO

-TORACE

- LOMBI

N° 2 PARETI TORACICHE (COSTATI)

N° 2 ARTI ANTERIORI (SPALLE)

N° 2 ARTI POSTERIORI (COSCE)

Questo ci permetterà di maneggiare singolarmente le parti in questione, rendendoci più agevole la successiva fase di sezionamento in tagli carnei più piccoli, idonei a ottenere preparazioni alimentari diverse.
Nel caso (raro) di carcasse conservate in frigo scuoiate, le loro superfici si presen­teranno secche, a seguito della disidratazione subita dalle fasce connettivali superficiali che ricoprono i muscoli sottostanti. Tali fasce vengono facilmente rimosse mediante lo scollamento, eseguito aiutandosi con il coltello e tirandole poi delicatamente con le mani.
Nello stesso modo possono essere asportate le sierose interne, pleure e peritoneo, per fare affiorare i piani muscolari sottostanti.
Poiché queste pellicole disidratate sono costituite principalmente da collagene, la loro eventuale ermanenza non sarà un problema in quanto in cottura prolungata si reidrateranno completamente, assumendo aspetto gelatinoso; sono comunque da togliere nel caso in cui le carni siano destinate ad una cottura rapida (tagliate), od al consumo crudo (carpacci).
Una particolare attenzione merita la rifilatura delle parti grasse che, più di quelle magre, possono conferire sapori anomali ai nostri piatti, se sono andate incontro a fenomeni di degradazione (ossidazione, irrancidimento), per cui ogni parte grassa andrà eliminata, soprattutto quelle venute a contatto con l'ambiente esterno.
l grassi alterati sono contraddistinti da un colore diverso, giallo tenue o grigiastro. che li renderà facilmente identificabili.

PREPARAZIONE DEI TAGLI

COLONNA VERTEBRALE

COLLO: può essere disossato per essere cotto in vari modi, oppure sezionato tra­sversalmente con tutto l'osso. Le vertebre cervicali sono molto grosse e spugnose per cui si rischia di mandare in cottura grandi quantità di osso che verrà poi scar­tato.

TORACE: può essere sezionato trasversalmente con la formazione di braciole caratteristiche per forma (Fig. 23), oppure diviso longitudinalmente per ottenere le braciole classiche, oppure ancora, disossato per ottenere della polpa dalla caratteristica forma cilindrica (roast-beef) spesso erroneamente denominata filetto (Fig. 24).

LOMBI: si prepara come per il torace oppure può essere cotto intero, con l'osso. Al di sotto delle ertebre lombari si trova il vero filetto che, per la sua sottigliezza. ne li animali selvatici viene raramente separato e preparato a parte.

PARETI TORACICHE: vengono sezionate con tutto l'osso per ricavarne spezzatino (con osso) oppure disossate per ottenere polpa per preparare macinato per sughi (Fig.25)

ARTI ANTERIORI: vengono disossati in toto ed utilizzati per preparare arrosti e bolliti.

I muscoli terminali del braccio possono essere reclinati all' interno prima di legare l'arrosto (ovviamente di un animale di piccole-medie dimensioni) oppure staccati ed utilizzati diversamente (Fig. 26).

ARTI POSTERIORI: rappresentano le maggiori masse carnee della carcassa per cui, salvo il caso di animali piccoli, non sarà possibile preparare una intera cosci seppur disossata, come arrosto; si renderà quindi necessaria la separazione dei vari tagli.
Nei ruminanti selvatici come in quelli domestici si riconoscono i seguenti tagli di coscia: girello, scamone, fesa, noce, controgirello a cui si aggiungono i muscoli tibiali (lanterna).
Si procederà aprendo la coscia dal lato interno, asportando la vena grassa posteriore e separando così i vari tagli tenendo conto che:

SCAMONE è il pezzo migliore, il più tenero ed adatto a preparazioni a rapida cottura;

NOCE E ROSA sono di fibrosità intermedia (la noce è venata di connettivo) e adatti a cotture medie;

GIRELLO E CONTROGIRELLO sono i pezzi più fibrosi per i quali è d'obbligo una cottura prolungata (Fig. 27 e 28).

Bisogna tenere conto che anche un taglio fibroso, se affettato finemente è adatto ad essere consumato crudo (carpaccio) o marinato, ma soprattutto che le caratteristiche di tenerezza e succosità, sono molto variabili in relazione a razza, sesso, età e stato fisico dell'animale nonché condizione di abbattimento e conservazione delle carcasse e di come viene tagliata la carne dopo il sezionamento.
Lo spezzatino può essere ricavato da ogni parte della carcassa, ma si consiglia di risparmiare quelle più nobili (scamone fesa, noce), per destinarle a preparazioni più importanti ed utilizzare ritagli e piccole parti muscolari per spezzatini e macinato

 

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METODI DI CONSERVAZIONE

L'utilizzo di procedimenti fisici quali il freddo per conservare le carni è a tutt' oggi il sistema migliore, soprattutto se vogliamo che esse mantengano, pressoché inalterate, le loro caratteristiche organolettiche.

REFRIGERAZIONE

Viene condotta in frigorifero, a temperature che vanno da -1 a +3 °C.
Il freddo agisce sulle carni rallentando sia i processi di degradazione dei suoi nutrienti, proteine e grassi in particolare, che la proliferazione di germi e muffe, che in modo più o meno abbondante, contaminano la carcassa. È chiaro che per ottenere una conservazione prolungata, il raffreddamento va eseguito nel minor tempo possibile dal recupero del capo e dopo che quest'ultimo abbia subito le pratiche di dissanguamento ed eviscerazione, osservando scrupolosamente le regole igieniche. Questo è di fondamentale importanza, in quanto sono proprio i batteri, che vanno a contaminare le carni in queste fasi, a ridurre drasticamente il loro periodo di conservazione, dovuto al fatto che, essendo germi abituali del terreno e delle acque superficiali delle zone fredde, si replicano bene, anche se più lentamente, in cella di refrigerazione. Il freddo inoltre, rallenta anche le attività degli enzimi responsabili della frollatura, che richiederà tempi più lunghi per il suo svolgimento. Ai fini della frollatura, dentro al frigorifero, oltre alla temperatura vanno considerati anche l'umidità e la velocità dell'aria, fattori che concorrono, se ben regolati, a mantenere basse le cariche batteri che di superficie favorendo nel contempo la maturazione delle carni in profondità.
La refrigerazione quindi, svolge contemporaneamente due funzioni: prolunga la vita della carne promuovendone la sua frollatura. È chiaro che questo metodo con­serva la carne per un periodo limitato di tempo, che per la selvaggina da pelo, supera con difficoltà i 10-15 giorni (nei capi più grandi). Per prolungare questi tempi, risulta efficace, mettere le carni sotto vuoto, mantenendo le sempre a temperatura di refrigerazione.

CONGELAMENTO

Il congelamento viene condotto sulle carni allo scopo di aumentare in modo considerevole i suoi tempi di conservazione, in genere alcuni mesi. Esso è da considerarsi tanto migliore, quanto minore è il tempo impiegato dalla carne per raggiungere in tutta la massa una temperatura di almeno –10 °C.
Durante questo processo, all'interno delle singole fibrocellule muscolari si formano dei cristalli di ghiaccio, le cui dimensioni dipendono dalla temperatura di congelamento.
Se il trattamento procede speditamente (più di 1 cm l'ora), i cristalli risultano molto piccoli e numerosi; al contrario, se il congelamento procede lentamente, si formano pochi cristal1i di grandi dimensioni, che provocano la rottura del1a fibra muscolare che li contiene. Questo, durante la fase di scongelamento determinerà una copiosa fuoriuscita di succhi muscolari da tutte le fibre lesionate, con sensibile scadimento del1e qualità organolettiche del1e carni. A livello industriale, per ovviare a tali in­convenienti, il congelamento viene eseguito in appositi tunnel, a temperature che superano i –30 °C e nel metodo rapido (pollame glassage), i –50 °C per massimo 12 ore in involucri protettivi nel metodo rapidissimo e i –200 °C in impianti ad alta tecnologia nel metodo ultrarapido.
Se il congelamento viene eseguito a casa con un normale congelatore, è bene tararlo al massimo, distribuendo le carni il più vicino possibile alle piastre refrigeranti. Altra precauzione è quella di congelare piccoli quantitativi per volta, e soprattutto, per facilitare la penetrazione del freddo nella carne, tagliarla in modo da ottenere spessori ridotti, e disporla nei sacchetti ben stesa, come nei surgelati (fatta eccezione per gli arrosti).
Pur osservando scrupolosamente tutti i consigli dati, le carni congelate a casa si degradano più velocemente di quelle congelate utilizzando i sistemi industriali, tanto che se ne consiglia il consumo entro 2-3 mesi. Esse infatti, subiscono più facilmente sia le bruciature da freddo, che l'irrancidimento dei grassi, che le rendono rispettivamente secche in superficie e ripugnanti al consumo, mettendo in risalto odori pungenti, sapori piccanti e un'azione irritante sulle mucose delle prime vie digerenti (bocca, lingua, faringe ed esofago) e sulla mucosa intestinale.
Penso sia superfluo precisare che vanno congelate esclusivamente le carni che hanno subito una regolare frollatura e quindi una sufficiente acidificazione, prerogativa delle carni ottenute dall'abbattimento di animali sani, in buono stato di nutrizione, non stressati, sufficientemente dissanguati, prontamente eviscerati e velocemente raffreddati.
Le carni di un animale inseguito a lungo, colpito all'addome o in altro punto non vitale, con lungo periodo di agonia prima della morte, a temperature ambientali miti (carni stressate, con cariche batteriche elevate), sono da escludere da qualsiasi forma di conservazione. Al massimo, dopo attenta valutazione, vanno consumate subito, sottoponendole a cottura prolungata.
Per conservare più a lungo le caratteristiche organolettiche della carne, è buona pratica prima di congelarle, di confezionarle sotto vuoto, in modo da togliere l'aria, rallentando così sia il processo di irrancidimento dei grassi che quello di disidratazione superficiale.
Va ricordato che nel congelatore, soprattutto in vicinanza dell' apertura, vivono e si replicano, seppur lentamente, le muffe, che colonizzano facilmente le carni non ben protette, accelerando in modo sensibile l'irrancidimento dei grassi. Le muffe sono visibili solo quando sono presenti in quantità notevole, quindi se non le vedete non vuoi dire che non ci siano. Questo è un motivo in più per conservare le carni congelate sottovuoto.
Al momento dello SCONGELAMENTO, la carne va tolta dal congelatore e messa subito in frigo, in maniera che il processo avvenga lentamente, limitando al mini­mo gli stress termici, al fine di ridurre il più possibile la trasudazione dei succhi muscolari, ricchi di sali minerali e di altre sostanze aromatiche in essi disciolte. A temperature di refrigerazione infatti, l'acqua che progressivamente si libera dai cri­stalli in scioglimento, si accumula negli interstizi muscolari, e viene gradualmente riassorbita dal tessuto connettivo interfasciale, consentendo alle carni di mantenere caratteristiche analoghe a quelle della carne fresca.
Le carni scongelate velocemente invece, perdono grandi quantità di liquidi, rivelandosi stoppose alla masticazione e prive di aroma.

MICRORGANISMI CHE CONTAMINANO LA CARNE

I batteri che contaminano la carne dopo la morte dell' animale possono provenire da più fonti, quali l'animale stesso, l'ambiente esterno e l'operatore che la maneggia. A causa della facilità con cui si può inquinare un alimento tanto deperibile quanto la carne, è importante osservare rigorosamente le norme di igiene, per evitare di portare su di essa colonie batteriche in grado di ridurne drasticamente il tempo di conservazione (germi alteranti, es. Pseudomonas), o addirittura di renderla pericolosa per la salute del consumatore (germi patogeni, es. Salmonelle).
Alcuni batteri, come ad esempio i batteri lattici, sono normali colonizzatori delle carni e la loro presenza è considerata neutra o addirittura utile, in quanto con i loro processi enzimatici promuovono la trasformazione della carne in vari prodotti fermentati, tra i quali il salame. Non va dimenticato, però, che in determinate circostanze anche i batteri lattici possono causare alterazioni, quali l'inacidimento, l'inverdimento e la formazione di odori sgradevoli. In particolare, nella conservazione sottovuoto, trovando un ambiente particolarmente favorevole al loro sviluppo, rag­giungono facilmente valori di centinaia di migliaia per grammo, tanto da provocare il gonfiore delle confezioni plastiche. Il loro sviluppo però, impedisce quello di altre popolazioni batteriche potenzialmente patogene per l'uomo (fenomeno della competizione batterica).
I batteri patogeni, anche in quantità modeste, sono in grado di dare origine a un episodio di malattia alimentare senza che nelle carni vi sia alcuna modifica delle caratteristiche sensoriali in grado di metterci in allarme. Alcuni di questi batteri sono presenti già nell' intestino dell' animale in vita e sono veicolati sulle sue carni da spandimento di liquidi intestinali in fase di caccia o di eviscerazione; essi si replicano bene a temperatura corporea, per cui rimangono latenti fintanto che viene mantenuta la catena del freddo, per poi ricominciare a moltiplicarsi, se ingeriti vivi, (carni crude o poco cotte) nell'organismo che li ospita (es E.coli, Salmonelle), instaurando stati morbosi più o meno complessi.
Altri batteri patogeni infine, vivono nell' ambiente (Listerie, Bacillus, Clostridi) o sul pelo (o penne) dell'animale (Stafilococchi, Salmonelle) e possono riprodursi sia a temperature corporee che, seppur più lentamente, a temperature di refrigerazione; questi ultimi, replicandosi all'interno dei frigoriferi (sopra i 4 °C), sono in grado di raggiungere concentrazioni notevoli, facilmente evidenziabili sulle carni, come patine vischiose biancastre. Crescono anche sulle pareti dei frigoriferi stessi e di conseguenza andranno a contaminare le carni di successiva introduzione. La velocità con la quale una carne, dalla contaminazione iniziale, va incontro al processo alterativo di putrefazione, dipende in misura determinante dal tipo di batteri presenti e dalla loro quantità, nonché dalle condizioni ambientali, che possono influenzare in modo differente la loro moltiplicazione.
Se pensiamo che 1 solo grammo di contenuto ruminale di un capriolo può contenere oltre 30 milioni di germi, ciascuno dei quali può compiere un atto di duplicazione ogni 20-30 minuti in condizioni di temperatura ottimali (sopra i lODC), possiamo capire quanto sia importante mantenere l'integrità di quest'organo e più in generale di tutto l'apparato gastro-enterico che va allontanato dalla carcassa nel minor tempo possibile mediante l'eviscerazione, senza contaminare le carni.
Anche le muffe si moltiplicano facilmente in cella frigorifera contaminando le carni, ma essendo facilmente visibili, si possono eliminare toelettando (asportando) le parti ammuffite durante il sezionamento della carcassa.

VETTORI BIOLOGICI

Le carni, oltre a essere colonizzate dai microrganismi, sono facilmente aggredite da insetti (mosche e scarafaggi) e topi, che oltre a nutrirsene, ci camminano sopra insudiciandole con i loro escrementi. Essi inoltre, muovendosi continuamente, diffondo­no batteri e altri microrganismi, capaci di trasmettere pericolose infezioni alimentari al consumatore. È quindi di primaria importanza, proteggere le carni da queste possibili contaminazioni mantenendo puliti ed igienici i locali di conservazione delle carcasse ed impedendo con ogni mezzo, l'accesso a questi sgraditi ospiti.

(fine)


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